Si apre un nuovo spiraglio positivo nella battaglia legale che dura ormai dal 2016. L'ultima puntata del caso Schwazer e della sua squalifica per doping riguarda la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha deciso di aprire un procedimento contro il rifiuto del tribunale federale svizzero di ammettere la revisione della sentenza arbitrale del Tas del 30 gennaio 2017. Quella sentenza, come hanno ricordato i suoi legali, tarpò le ali alla carriera di Schwazer confermando la colpevolezza del marciatore, oro olimpico nella 50 km di marcia a Pechino 2008, con uno stop di otto anni.
Nel 2022 era stato presentato un ricorso dopo il no del tribunale federale svizzero di ammettere la revisione della sentenza arbitrale dopo l'archiviazione (18 febbraio 2021), da parte dell'autorità giudiziale italiana del procedimento penale contro Schwazer per non aver commesso il fatto.
"Adesso si comincia a ragionare bene - il commento dell'avvocato Gerhard Brandstaetter -. Che scenari si possono prevedere? Tutta una serie di quesiti e indagini devono essere posti dal governo federale che non ha concesso la riapertura del Riesame sulla base della sentenza di assoluzione da parte del giudice italiano, il che significa non concedere l'accesso garantito dai Diritti europei dell'uomo alla giustizia, perché gli hanno negato questo processo. Ora andiamo a vedere quello che succede".
"Andremo fino in fondo con tutti i mezzi possibili e per questo motivo abbiamo anche fatto questo procedimento davanti alla Cedu, l'ultimo iter possibile per quanto riguarda la giustizia sportiva. Abbiamo passato un altro scoglio, il finale è tutto da scrivere", così Alex Schwazer. Che sullo stop forzato di otto anni ha aggiunto: "Rimpianti non ne ho, io come tutte le persone che mi sono state vicine abbiamo sempre dato tutto e siamo riusciti ad arrivare dove si poteva". Il procedimento di Strasburgo "chiarirà il fatto se ho avuto un processo equo, oppure no, non entrerà in merito".